Le caratteristiche dell'introversione

Le caratteristiche dell'introversione

Il termine introversione è stato introdotto, insieme al suo opposto estroversione, da Carl Gustav Jung nel 1920 all’interno del testo Tipi psicologici. I due termini sono entrati nel linguaggio comune, grazie al loro riferirsi a tipologie psicologiche facilmente distinguibili nell’esperienza di ognuno. L’introversione è caratterizzata da una spiccata ricchezza emotiva, talvolta associata ad una vivace intelligenza, che segna l’intera esperienza interiore e sociale della persona. Tale caratteristica, in quanto legata ad una predisposizione biologica, costituisce un vincolo allo sviluppo che se rispettato può consentire elevati livelli di realizzazione. Se stiamo parlando quindi di una ricchezza potenziale, come si spiega il paradosso che vede spesso l’introversione accostata alla patologia? E perché l’introverso si trova altrettante volte a realizzare un’esistenza sofferente?

La persona introversa si ritrova con un bagaglio di sensibilità ed emotività in un mondo culturale che nel migliore dei casi predilige la competizione, la furbizia e la freddezza, e nel peggiore il cinismo, l’arroganza e lo sfruttamento dell’altro. Sempre secondo questa logica la timidezza sarebbe qualcosa da rifuggire il prima possibile, e le emozioni qualcosa di superfluo (nel mondo scientifico e della ricerca per molto tempo sono state considerate alla stregua di interferenze ai più nobili processi cognitivi come il linguaggio e la memoria). Ecco che allora esiste un pregiudizio nei confronti dell’introversione perché mal si adatterebbe ad una società che richiede spigliatezza, velocità e senso pratico. Val la pena di ricordare che questi valori non sono mai naturali, ma selezionati storicamente dalla cultura. Infatti per gli esseri umani non si verifica un adattamento naturale così come per gli animali in libertà, che incontrano condizioni di clima e di territorio oggettive a cui devono far fronte.  L’adattamento dell’uomo è prima di tutto culturale, perché è chiamato a muoversi nell’universo della semiosfera, che comprende i valori di cui la società è intrisa.

In linea con questo modo di vedere, molta della psicologia corrente propone una normalizzazione acritica dell’introverso e più in generale della persona sensibile, veicolando proprio quei valori maggiormente in voga. È un adattamento che però fa un torto alla soggettività dell’introverso, e più in generale al tema dell’accoglienza delle differenze. Al contrario mi sforzo di promuove il riconoscimento, il rispetto e la valorizzazione della diversità, fornendo gli strumenti per evidenziare i propri pregi e i propri limiti. Nel delineare le caratteristiche dell’introverso farò riferimento a come le stesse possano essere interpretate come ricchezza oppure come difetto, a seconda del fatto che ci si ponga in maniera pregiudiziale o meno nei confronti dell’introversione:

 

  1. La sensibilità e la ricchezza emotiva, sono le caratteristiche più specifiche dell’introversione, come già ho accennato, e si possono trovare insieme ad una viva intelligenza. Queste dotazioni consentono di esperire in maniera più intensa le situazioni che la vita ci pone davanti, e comportano la possibilità di provare amore profondo così come rabbia e odio viscerale, dolori acuti e gioie travolgenti. Il bambino introverso ha anche una grande capacità di provare empatia e di identificarsi con l’altro, soprattutto con il genitore, e di indovinare con straordinaria facilità quali siano i suoi desideri e le sue aspettative. Entrambe queste caratteristiche sono il presupposto per coltivare una vita ricca e soddisfacente, ma possono diventare anche la strada verso la patologia.

 

  1. La capacità di astrazione per entrare in contatto con il proprio mondo interno fatto di fantasie, bisogni e desideri. Questa capacità permette di immaginare mondi possibili e di metterli a confronto tra loro nella propria mente, per confrontare valori e possibilità. Dall’attività fantastica e intellettuale l’introverso è capace di trarre piacere e appagamento profondi. Spesso il bambino introverso si riconosce per la capacità di inventare giochi solitari in cui si diletta per ore. Per riflettere la persona ha bisogno di distrarsi dai problemi più immediati e concreti e il bambino che presenta questa tendenza viene descritto come uno “con la testa tra le nuvole”. In effetti ci si distrae dal mondo esterno per entrare in contatto con un mondo interno pieno di sensazioni e pensieri. In questo caso insegnanti e genitori possono essere portati a mettere in atto strategie per correggere l’atteggiamento assorto, anche senza che ci siano difficoltà nel rendimento scolastico. A questa capacità è legata anche la possibilità di riflettere e interrogarsi senza dare per scontata la realtà. L’adolescente introverso è portato più degli altri a soffermarsi sul senso della vita e sui grandi problemi dell’esistenza. Anche questo aspetto può essere letto in maniera negativa, vedendo la tendenza a perdersi dietro a temi filosofici.

 

  1. Un bisogno di socialità intenso e selettivo caratterizza l’introverso fin da bambino, quando predilige stringere legami con adulti affidabili e con i quali avverte affinità, anche al di fuori del contesto familiare. L’atteggiamento selettivo si manifesta nella tendenza a legarsi con poche persone, ma a stringere rapporti significativi e duraturi. L’atteggiamento generale dell’introverso nei confronti degli altri è di grande scrupolosità. Anche la sessualità risente notevolmente di queste caratteristiche che sono lontane dall’immagine di socialità corrente, in cui gli scambi sono numerosi, rapidi e un po’ artificiali. Molti adolescenti introversi soffrono perché ritengono erroneamente che i compagni di scuola più in vista abbiano un gran numero di amicizie e relazioni, ognuna delle quali si caratterizzerebbe, a loro veduta, per un elevato appagamento emotivo. In realtà viviamo nell’epoca delle relazioni liquide che si sviluppano in superficie piuttosto che in profondità. Il pregiudizio sull’introverso lo vorrebbe asociale e chiuso, in realtà la socialità introversa si diversifica per intensità e qualità delle relazioni.

 

  1. Un lungo tempo di maturazione è necessario per sviluppare e padroneggiare con competenza le capacità che abbiamo elencato finora, e per occuparsi degli elevati bisogni affettivi, sociali e sessuali. Per cui troppo spesso l’introverso è considerato lento in una realtà in cui c’è poco spazio per sviluppare e crescere, in cui le persone si vorrebbero pronte al più presto a competere sul mercato del lavoro, indipendenti e performanti. A ben vedere però i lunghi tempi di maturazione propri della nostra specie sono stati proprio la chiave del successo evolutivo. L’olandese Luois Bolk ha descritto per la prima volta la neotenia che indica il ritardo dell’essere umano nello sviluppo rispetto agli altri animali. Gli altri mammiferi, come una mucca o una zebra, necessitano solo di poche settimane dalla nascita per autonomizzarsi dai genitori, mentre un bambino di un anno abbandonato a se stesso può solo andare incontro alla morte, perchè ha bisogno di cure per lunghissimo tempo da parte degli adulti. Questo ritardo nello sviluppo, che a prima vista potrebbe far pensare ad uno svantaggio, è però correlato con un’elevatissima capacità di apprendere ed un cervello che rimane plastico per quasi tutta l’esistenza. Questa caratteristica garantisce all’uomo di affinare competenze, sentimenti ed emozioni sociali, e nell’introversione è particolarmente spiccata.

 

La sfida dell’introversione allora inizia quando la persona si apre verso il mondo in armonia con le proprie attitudini, senza cercare di imitare comportamenti che non avverte come propri. Portare fuori ciò che si ha dentro, e porsi con gli altri secondo il nostro modo di sentire sono anche i presupposti per realizzare un’esistenza creativa e ricca. Un buon adattamento non può essere mai un adattamento passivo agli stereotipi e ai valori che la società promuove, ma deve essere un adattamento creativo, in cui si mettono in gioco e si fanno pesare i propri valori e la propri sensibilità.

Bibliografia

Nicola Ghezzani (2002), Volersi male. Masochismo, panico, depressione. Il senso di colpa e le radici della sofferenza psichica. Milano: Franco Angeli

Luigi Anepeta (2005), Timido, docile, ardente… Manuale per capire ed accettare valori e limiti dell’introversione (propria e altrui). Milano: Franco Angeli